avvicinamento
Ci si deve portare in auto al pian de Cajada, circa 8km a nord di Faè (poco prima di Longarone). Indicazioni in loco.
descrizione
Già arrivare in Cajada è un'esperienza rara. Una strada ci conduce per circa 8km dall'abitato di Faè su su, in mezzo alle rocce, dove mai pensereste che una strada così ampia e ben tenuta possa arrampicarsi. Soluzioni ingegneristiche d'epoca, compresa una breve galleria, ci fanno arrivare in uno splendido piano, con una foresta di tutto rispetto che, purtroppo, non è stata rispettata da Vaia, e i segni delle ferite sono molto profondi. Comunque stanno ripulendo il bosco. Infatti, appena raggiunta la spianata, si è contornati da enormi cataste di tronchi che aspettano il trasporto a valle.
Si lascia l'auto in corrispondenza di uno spiazzo anteposto a due grandi costruzioni (stile chalet). Subito si individua il segnavia CAI 529, su un albero, sotto a fianco della strada. Guardatelo bene, perchè non vi sarà più traccia del segnavia. Lunga la erta e un po monotona salita, si trovano sbiaditi bollini e qualche taglio di mugo di alcuni anni fa. Un unico punto presenta il segnale dell'alta via n° 3 (da Villabassa a Longarone) che vorrei proprio sapere l'ultimo che l'ha percorsa quanti anni fa lo ha fatto.
Si sale dapprima su pista forestale, interessata ai tagli recenti, quindi molto fangosa. Maglio salire sui prati e sul bosco che la affiancano. Si punta ad aggirare i torrioni rocciosi che si intravedono subito, sopra le costruzioni. Si sale ripidamente su tracce con qualche raro ometto. Su fino ad una sella, dove si piega decisamente a dx (fare attenzione ad alcuni paletti che andrebbero ridipinti). Si attraversa, quindi, sempre su labili tracce, fino alla Sella del Gravedel dove si raggiunge la cresta che va percorsa in discesa, verso la nostra meta. Sulla sella è presente un palo metallico con la segnaletica a terra. Si percorre la cresta, cercando di rimanere sempre sul filo, con alcuni saliscendi (in totale si perdono 80 mt di dislivello). Quindi si sale ripidamente per l'ultimo strappo, prima della croce. Tutto sommato una salita poco pulita e piuttosto faticosa. Ma l'apoteosi esplode sulla cima. Cima erbosa, niente di particolare, ma di una panoramicità veramente rara. Uno dei migliori balconi delle prealpi, probabilmente il migliore. Lo sguardo spazia all'infinito, sulle dolomiti, con il Pelmo in primo piano, con un'angolazione stupenda. Poi tutto il resto. Non dimenticando il versante nord del Serva (che, rispetto al regolare sud, è tutt'altra cosa) , il Pelf, lo Schiara e tutto il resto. La faticaccia vale di essere compiuta in un giorno completamente sereno. Così da potersi fermare il tempo che serve sulla panoramica cima.
Il rientro è a ritroso per la via di salita.
Si raccomanda prudenza nella discesa sul versante nord della cima perchè, in caso di terreno bagnato (presumo spesso) la traccia riserva qualche insidia dovuta alle radici che possono causare pericolosi scivoloni (e il versante nord è ripido quanto il sud).
Da sconsigliare con nebbia.